In tempo di crisi, tutto
diventa più difficile. Prima le prestazioni opache
della squadra, poi la contestazione del
Grande Torino, infine la presa di posizione della Maratona anti-Mazzarri.
E pure i social ci mettono il carico pesante. Gira in queste ore un meme che
più di ogni altra battuta riassume il momento granata. Le parole sono eloquenti: «Il Toro è come una pianta di plastica: non muore mai, ma mai fiorisce».
Difficile, ma chissà, che contro la Lazio
la fioritura avvenga: troppo ravvicinate
le brutte prove offerte contro Udinese
e Cagliari, per immaginare una sterzata così decisa. Ma i granata, mai come
in attimi concitati come questi, hanno
quanto meno l’obbligo di ripartire da
una linea dettata da Mazzarri nella conferenza stampa post-Cagliari: «Quando
sei in un momento particolare, bisogna
limitare i danni». A pochi giorni dal derby contro la
Juve, la partita per antonomasia, il Toro
si ritrova nella condizione di fare le cose
semplici. Meglio, dunque, due passi indietro. Per tentare di farne uno in avanti. L’occasione arriva contro la Lazio, a
tre giorni dal pareggio amaro come il
carbone contro il Cagliari. L’occasione
arriva lontana da Torino: meglio così,
almeno per una squadra che sta evidenziando anche limiti caratteriali. La
pressione del Grande Torino avrebbe
potuto soffocare il gruppo. La sfida ai
biancocelesti, rinvigoriti dalla bella vittoria di Firenze, è una montagna da scalare. E Mazzarri la affronta ritrovando
nel proprio cassetto la semplicità. Tradotto: 3-5-2, il vestito d’emergenza, perché quello dei sogni (il 3-4-2-1) è macchiato e non è proponibile in pubblico.
Non ora, non prima di un passaggio in
tintoria.
Dunque, davanti alla certezza Sirigu, spazio ai tre che finora hanno dato
maggiori garanzie: Izzo centro-destra,
Lyanco centro-sinistra, Nkoulou centrale. Niente turnover, niente Bremer o
Djidji: non è il caso, a maggior ragione
visto l’impatto complicato del franco-ivoriano contro il Cagliari. Poi, il ritorno
della cortina di ferro in mezzo al campo: Rincon, Baselli e Lukic, che si gioca una maglia da titolare con Meité (ma
occhio al possibile sacrificio del venezuelano, non al meglio). WM si terrà il
dubbio fino a poche ore prima del calcio
d’inizio dell’Olimpico. Sa che dal serbo
può avere qualcosa in più in termini di
qualità e di passo, ma sa anche che la fisicità dell’ex Monaco può tornare utile
per contenere Milinkovic-Savic. Lukic
è in vantaggio. Così come sono in lieve ascesa le quotazioni dei due esterni
che Mazzarri dovrebbe aver scelto, ovvero De Silvestri per la corsia di destra
e Ansaldi per quella di sinistra. L’italiano è favorito su Ola Aina, l’argentino su
Laxalt, anche se quest’ultimo è caldo.
Ed è questo il ballottaggio più aperto
di tutti. Per due motivi: la freschezza
dell’uruguaiano, ma anche un turno di
riposo dovuto per l’argentino, che nella stracittadina di sabato non potrà mancare per nessun motivo al mondo. Non
è, dunque, un bivio legato alla prestazione di Ansaldi di domenica: la scelta di Mazzarri di farlo giocare sulla trequarti è stata azzardata e non ha prodotto dividendi.
Esattamente quanto capitato a Iago
Falque, che suo malgrado paga con la
panchina, in compagnia di Verdi. Davanti, infatti, ci saranno Belotti e Zaza.
I due che meglio si completano: quando il Gallo fa il boia e l’impiccato sulla fascia a recuperar palloni, Simone è
lì pronto in area. E fa gol. Una vittoria,
come sempre, può cambiare gli orizzonti. Mazzarri si augura che non sia un
fuoco fatuo, come il colpo di Mihajlovic di due anni fa proprio in casa della
Lazio. Salvò la panchina, ma saltò poche settimane dopo. Non fece morire la
pianta di plastica, ma non la fece fiorire. Al Toro stasera può bastare questo.
Perché una nuova primavera si può iniziare a vivere solo da sabato, con una
prova maestosa nel derby..